Con una c
Ho conosciuto Aurelio Sechi diversi anni fa e avevo avuto modo di apprezzarne sia la comicità che lo spirito con cui approcciava la scena: si divertiva, si sbatteva un casino, sembrava alieno dai meccanismi tormentati che affliggono molti altri colleghi.
Recentemente è entrato nel cast di Zelig, lo storico programma TV condotto da Claudio Bisio e Vanessa Incontrada. Ho pensato quindi di intervistarlo per fargli raccontare come sia arrivato su Canale 5.
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Quando hai iniziato a fare il comico?
Tardi, dopo 30 anni da batterista a dicembre del 2019 ho fatto il primo open mic e ha funzionato subito molto bene… ma a marzo eravamo tutti chiusi in casa per la pandemia. Però questa cosa mi ha aiutato perché ho scritto tanto sui social per varie pagine satiriche (Lercio, Prugna, Kotiomkin, Satiraptus). Quindi mi hanno notato un po’ di autori e comici professionisti. Da la mi si è aperta un po’ la strada, quando mi proponevo per serate e open mic mi conoscevano già e mi davano l’ok. Diciamo che mi ero creato una sorta di lasciapassare.
Hai sempre fatto one line? Come hai sviluppato il tuo stile (assieme a quella compostezza/serietà) sul palco?
Ho iniziato con dei monologhi surreali a tema, uno sulle terme, uno sullo yoga, uno sulla pandemia e uno sui quarantenni che fanno figli. Ma essendo un battutista, durante i monologhi dal vivo tra una battuta e l’altra mi annoiavo, allora ho preso un foglio con tutte le battute che avevo scritto e ho iniziato a leggerle dal vivo, ha funzionato da subito anche quello, anche perché potevo interagire col pubblico e mi divertivo molto di più rispetto ai monologhi. La compostezza/serietà è una cosa che mi viene naturale quando dico le battute, io non sono un attore, non so recitare (anche se, se vogliamo, pure quella è una forma di recitazione), l’unica cosa che mi dà sicurezza sul palco è la forza della battuta che ho scritto e avendo uno stile surreale dicendola in modo serio funziona di più.
Adesso invece sto già lavorando su un’altra cosa che è molto diversa ma mi diverte ancora di più.
Prima di sbarcare su Canale 5, sei arrivato a Zelig, inteso come locale. Com’è andata?
Io vivo in Sardegna, ho iniziato qui ma appena mi stavo creando una comfort zone ho cominciato a fare i primi open mic a Milano, poi Roma, Bologna, Torino e altre città più piccole. Ma per comodità ho concentrato la mia attività a Milano. I primi periodi per risparmiare prendevo gli aerei ad orari impossibili e dormivo negli aeroporti, finivo la serata e di volta in volta qualche collega comico mi accompagnava in aeroporto dove dormivo per qualche ora sulle poltrone in ferro. Ho segnato su un foglio tutti i nomi di quelli che in questi anni e tutt’ora mi danno un passaggio a fine serata, non vorrei dimenticarli... Certe volte prendevo le navette all’una o le due del mattino per arrivare in aeroporto. Spesso, sempre per risparmiare, arrivavo a Milano alle nove del mattino e stavo tutto il giorno in giro fino all’ora del ritrovo nel locale dove si faceva l’open mic, per poi magari esibirmi per 6 minuti. Però è servito tutto.
Per quanto riguarda Zelig avevo mandato una mail a Giancarlo Bozzo (direttore artistico di Zelig, ndr) per partecipare agli open mic in viale Monza e invece lui mi ha risposto di partecipare ai provini per entrare nei laboratori. Non so se è perchè mi conosceva già, non gliel’ho mai chiesto. Ho fatto il provino con un monologo e sono entrato. Da lì però non ho più fatto monologhi, se non interamente composti da on line.
Come è avvenuta la selezione dei comici da portare in prima serata? A te come è andata?
La selezione avviene in base a quello che serve per il programma, non ci possono essere troppi monologhisti, troppi personaggi, troppi di questo o di quello insomma, dev’essere tutto bilanciato, io avevo le news surreali e ho avuto la fortuna di lavorare con autori che avevano intuito il potenziale di farle a “schiaffo”, questa cosa serviva al programma.
Hai scelto tu i testi da portare (e in base a cosa li hai scelti)? Ci hai lavorato con degli autori?
I testi sono miei e li abbiamo scelti insieme agli autori facendo una scelta tra quelli che mi piacevano di più e quelli che potevo portare in prima serata su Canale 5, quella è casa loro e sanno bene cosa si può fare e cosa no. Nel mio caso il lavoro degli autori è stato fondamentale per la costruzione del “personaggio” che le avrebbe lette, ovvero un giornalista serio e stralunato, io avevo tutte le battute, loro hanno trovato un modo per farmele portare sul palco. Lavoro non facile visto che io non sono un attore. Mi hanno dato le dritte sull’ordine delle battute o sulle battute che chiudono il blocco. Senza il loro lavoro non sarei arrivato in prima serata e ancora prima alle 10 puntate della prima edizione di Zelig Lab su Italia Uno.
L’idea delle breaking news come è nata?
La formula delle breaking news è abbastanza utilizzata da vari comici e programmi, la cosa bella è che però ognuno ha il proprio stile. Tra tutte le battute che avevo c’erano un sacco di news surreali, tra le quali molte di quelle che mi avevano pubblicato su varie pagine satiriche in questi anni, altre erano battute che ho trasformato in news per avere più minutaggio. Ho scritto battute che si prestano ad essere utilizzate durante il monologo o sottoforma di news, dipende dal contesto in cui mi trovo. Faccio un esempio di uno dei miei cavalli di battaglia: durante il monologo racconto di quel mio amico pelato che è andato in Croazia per fare il trapianto ed è tornato con la testa piena di denti. Sottoforma di news diventa: ragazzo pelato va in Croazia per fare il trapianto e rientra con la testa piena di denti.
Ho parecchie battute così che utilizzo a seconda del contesto in cui mi trovo.
Nel passaggio dal locale alla trasmissione ti sono stati dati dei limiti su quello che potevi dire?
In realtà pochi, avevamo fatto un po’ di pulizia già dall’inizio. Avendo cominciato nell’ambiente della stand-up comedy, che tutt’ora frequento, ho un po’ di materiale “black” che lì non ho praticamente mai potuto usare, il pubblico è molto diverso da quello dei locali o altri luoghi in cui si fa stand-up intesa come quella più “spinta”. Per fare le puntate della prima serata mi hanno bocciato le battute sulle malattie, Parkinson, Alzheimer, eccetera, materiale che uso durante i miei spettacoli.
Come funzionano le registrazioni del programma?
Per fare 3 puntate ci vogliono 9 giorni di lavoro, senza contare tutto il lavoro dei mesi prima per affinare il materiale con Davide Paniate (che conduce anche l’edizione di Zelig Lab). Si fa una serata allo Zelig di viale Monza con Claudio e Vanessa e il pubblico, il giorno dopo stessa serata ma al teatro degli Arcimboldi e si registra la puntata intera, il terzo giorno stessa serata identica agli Arcimboldi e viene registrata anche quella. Poi nel montaggio viene preso il meglio delle due. Se sbagli sono cazzi tuoi! Non si ripete, è tutto live con il pubblico pagante.
Come è stato esibirsi in un programma storico come Zelig e in un teatro come gli Arcimboldi?
La cosa che mi ha colpito di più è stata la macchina organizzativa enorme, dal trattamento per noi comici a tutte le figure lavorative che ci sono dietro un programma del genere. Quando entri in scena hai più di 2000 persone davanti a te, è come esibirsi in una piazza ma con la differenza che sono tutti in silenzio ad ascoltarti, non ci sono rumori o distrazioni al di fuori di quello che stai dicendo tu. Però quando sei li è meglio non pensarci.
Che rapporto hai avuto, in scena e fuori, con Claudio Bisio e Vanessa Incontrada?
Loro sono molto impegnati perchè devono fare i pezzi con quasi tutti i comici, preparare le presentazioni, le canzoni, le coreografie, quindi ci vedevamo solo sul palco per fare il pezzo, non lo provavamo neanche, si faceva direttamente davanti al pubblico, prima allo Zelig in viale Monza e poi al teatro. Ma sempre davanti al pubblico.
La tua partecipazione alla trasmissione ha già avuto qualche impatto sulla carriera? E credi ne avrà?
La televisione è cambiata tanto. E dall’alto dei miei 47 anni (purtroppo) posso dire di aver visto il cambiamento. Zelig degli anni d’oro ti cambiava la vita, adesso è un’opportunità che devi essere bravo a gestirti tu. A parte la bellissima esperienza che mi ha arricchito tantissimo, per il momento non è cambiato granché. Sicuramente stanno arrivando più richieste per i live e qualche intervista in radio o podcast, ma in realtà devi essere tu bravo a sfruttare l’occasione cercando di promuovere il tuo spettacolo approfittando della visibilità che Zelig ti da.
Attualmente sto portando in giro il mio secondo spettacolo dal titolo Non sto scherzando e sono in cerca di un’agenzia che mi aiuti nell’organizzazione delle serate.
Segnalazioni
Suggerimenti per copywriter in erba (ma anche no): l’ironia.
Si sta diffondendo uno stile fatto di set-up lunghissimi?
Una serie di brevi video dedicato al metodo di vari comedian.
L’angolo autoreferenziale
Se la programmazione dei post su Substack è andata a buon fine, mentre state leggendo questa mail io sono a Adelaide, Australia. Starò qui fino ai primi di marzo, per questo la pubblicazione di contenuti sui social potrebbe essere un po’ ridotta. Ma proverò a fare una storia al giorno per raccontare il viaggio, un po’ come avevo fatto per Edinbrah. L’avventura nella terra dei canguri la trovate qui.
L’ultima volta che sono stato in Australia era il 2020 ed è esplosa la pandemia di Coronavirus; per quest’anno non mi aspetto niente di meno che un disco di Tananai.
Dove vedermi live
Nutro i miei dubbi, il mio primo one man show, non è ancora andato in pensione: potrete ammirarlo giovedì 13 marzo al Première Records di Pescara e venerdì 14 marzo all’Ebbro di Foggia, grazie a Schersito e Marco Palma.
Martedì 11 marzo partecipo alla serata collettiva al Tijuana Cafè 2.0 di Milano, ospite di Matteo Zaffarano.
Mercoledì 12 marzo sarò lo special guest all’evento del Centrale 66 di Modena, per merito di Carmine di Standup Comedy More.
Il video alla fine
Evidentemente la scuola sarda della stand-up predilige le one line: dopo Aurelio Sechi, ecco il grande Albert Huliselan Canepa.
Ajò!