Girls just wanna have fun
Era il 2007 quando Chrisopher Hitchens si produsse in un lungo articolo su Vanity Fair per spiegare (secondo lui inequivocabilmente) Why Women Aren’t Funny. 13 anni, e numerose smentite teoriche e pratiche dopo, questo mantra non cessa di spuntare di tanto in tanto nei commenti e nelle discussioni.
Per me la questione si potrebbe porre in maniera molto semplice: non esistono “le donne”, ogni generalizzazione è sbagliata, punto.
Potrei anche elencare le numerose comiche che mi fanno ridere, ma mi limiterò a nominare solo Sarah Silverman, per la quale nutro qualcosa di molto simile alla devozione religiosa.
Escludendo le posizioni di chi non ha superato la fase bellica adolescenziale Marte contro Venere (la maggioranza di noi, a dire il vero) e concentrandosi sulle tesi più equilibrate in favore dell’enunciato “Le donne sono meno divertenti degli uomini” (come quella riportata in questo recente articolo della BBC) si può al limite convenire che, essendo l’umorismo storicamente appannaggio degli uomini, possano risultare ancora differenze di genere. Ma appunto, niente di innato: col passare del tempo e il venir meno di rigide separazioni uomo/donna in ogni settore della vita contemporanea, questi retaggi sono praticamente scomparsi, come può confermare chiunque assista a serate di comicità con presenze femminili e non abbia le fette di salame testosteronico sugli occhi.
Ma poi, cosa sarebbe la “comicità femminile”? La risposta che scegliamo di dare porta con sé una serie di problematiche. Definirla come “comicità fatta da donne”, a prescindere dal contenuto, rischia di ghettizzare le comedian, come se fossero una realtà totalmente separata dal resto dell’universo comico. E’ anche la posizione di chi ha pregiudizi nei confronti delle donne e le giudica ancora prima che salgano sul palco: con questo punto di partenza, è impossibile che un pezzo fatto da una comica possa piacere.
D’altra parte, intendere “comicità femminile” come umorismo con tematiche “da donne” è altrettanto pericoloso, non solo perché alimenta l’idea che esistano argomenti solo femminili (le frivolezze e il marito rompiballe, ça va sans dire) ma anche perché di solito si sottintende una classifica, condivisa peraltro da molte donne, per la quale la donna dev’essere militante, la comica sul palco deve avere contenuti femministi, o vale meno. Ma una comica è brava per quanto fa ridere e non per quante citazioni di Silvia Federici fa nei suoi pezzi.
Per approfondire e ottenere delle risposte non scontate, ho fatto qualche domanda alla stand-up comedian Clara Campi.
Clara, le donne fanno meno ridere rispetto agli uomini?
Tendenzialmente, sì. Lo so che non è la risposta “politicamente corretta” ma io ho ‘sto difetto che non mi piace negare la realtà (e ne pago sempre le conseguenze). Sta di fatto che le donne in genere sono meno interessate alla comicità, sia sopra che sotto il palco, è dovuto sicuramente al fatto che riceviamo un'educazione un po' diversa, le bambine vengono un po' scoraggiate nel fare le buffone, mentre i maschi gratificati.
Come ti spieghi che alcune persone non apprezzino le comiche donne?
Spesso, per criticare le comiche, si dice: “Ma parlano solo di cose di donne!” senza rendersi conto che i comici parlano solo di cose da uomini. Le donne sono abituate ad identificarsi anche nei personaggi maschili, mentre il contrario non accade, ecco il perché di questa critica idiota. E' simile alla critica che ho spesso sentito sui comici neri: “Parlano solo dell'essere nero!”. Ognuno parte da sé e dalla sua esperienza di vita, se riesci ad identificarti solo nei comici del tuo stesso sesso, razza o età, mi sa che hai bisogno di uscire dalla scatola in cui vivi.
Pensi che ci siano differenze tra la comicità femminile e quella maschile?
No, tranne che per il fatto che la volgarità è accettata negli uomini e molto meno nelle donne. Però non me ne frega un cazzo.
E nel pubblico? Sono diversi gli spettatori e le spettatrici?
Le donne tendono ad offendersi meno quando vengono attaccate, gli uomini invece spesso non riescono a tollerarlo, probabilmente perché non sono abituati. A parte questo, bisogna dire che alle serate di stand-up il pubblico è quasi sempre a maggioranza maschile, quindi per qualche strana ragione la comicità non attira molto le donne, anche se quelle che vengono agli spettacoli sembrano spesso divertirsi di più della controparte maschile.
Com'è la situazione in Italia per quanto riguarda le opportunità per le donne nella comicità?
Opportunità ce ne sono poche per tutti ma, effettivamente, sembra che per le donne ancora meno, a causa del principio di Puffetta. Spesso, nei cast di serie televisive, cartoni animati etc., il cast è tutto al maschile ad eccezione di una sola femmina. La teoria fa riferimento a Puffetta perché è l'esempio più eclatante, unica femmina in un villaggio di un centinaio di insopportabili elfi blu. Ogni puffo ha una sua caratteristica: quello forzuto, quello appassionato di cucina, quello vantitoso e... quella femmina. Per qualche ridicola ragione la caratteristica di Puffetta è il suo sesso, e null'altro. Quindi spesso agli spettacoli serve la “token woman” da far salire sul palco, così non possono darci dei sessisti, ma una, mi raccomando, che non vogliamo togliere la scena ai comici veri. E possibilmente una che non parli di certi temi...
In un articolo sul Messaggero, la stand-up comedienne Michela Giraud ha affrontato il tema del maschilismo da una prospettiva diversa: “Da quando ho iniziato a recitare e a fare standup, essere una donna non è mai stata una discriminante” e, aggiunge, ridurre la sua identità all’essere donna (e quindi in automatico o vittima o eccezione esemplare) alimenta una narrazione non meno tossica del maschilismo stesso.
Nonostante Giraud dica esplicitamente di non voler sminuire il problema, rischia inevitabilmente di essere interpretata così, ma credo che contributi come il suo arricchiscano il dibattito in maniera importante, non solo perché apportano dosi di concretezza derivati dall’esperienza diretta ma anche perché problematizzando i nostri pensieri ci aiutano ad affinarli. Il femminismo non deve essere un patentino, da rilasciare a chi risponde alla nostra idea di come esso debba essere, ma materia viva, territorio da rinegoziare continuamente, capace di interrogarci e metterci in discussione, più che di confortarci. E questo vale sia per gli uomini che per le donne.
Non sono mai stato un fan delle teorie che insistono sulle differenze tra uomo e donna, ma ammettiamo pure che alcune divergenze esistano: lungi dal costituire una barriera insormontabile che escluderebbe la possibilità per me, maschio, di apprezzare la comicità femminile, questo significa solo che assistere a spettacoli di comiche donne per me, maschio, vuol dire scoprire nuovi punti di vista. In fondo, non è proprio quello che dovrebbe fare la comicità?
L’angolo autoreferenziale
Dove vedermi live
Farò uno special al cenone di Natale coi parenti, così finalmente raggiungerò il risultato che ho inseguito per tutta la vita: essere diseredato.
Segnalazioni
Da qualche tempo, Clara Campi ha una nuova pagina Facebook (quella precedente è stata bloccata dopo innumerevoli e pretestuosi attacchi degli hater): La Femminista Bannata, dove potete trovare info su di lei, e video come questo.
Uno dei pezzi comici più belli sulle mestruazioni l’ha fatto un uomo. Eleazaro Rossi.
Ok, ok. Un pezzo stupendo sul “period” l’ha fatto anche una donna. Michelle Wolf, da amare incondizionatamente.
Il video alla fine
Capisco che possa risultare fastidioso che un maschio parli di comicità femminile. Nonostante io pensi che nel dibattito culturale i compartimenti stagni siano sbagliati (solo i neri possono parlare dei neri, solo i gay dei gay…), sarebbe ipocrita ignorare che storicamente (e ancora oggi) le donne siano sottorappresentate e hanno meno occasioni per poter parlare (e per decidere) loro stesse di loro. Per mitigare quello che mio malgrado è un privilegio che ho dalla nascita grazie al mio pene, quindi, mi auto-dedico questa hit di Valeria Pusceddu.
Un saluto a tutti, ma soprattutto alle donne! ; )