Dove mi trovo, as a comedian
Negli ultimi tempi ho avuto modo di riflettere sulla mia identità di stand-up comedian. In particolare, credo di aver maturato una maggiore consapevolezza su cosa voglia dire per me, oggi, essere comico. Non che ritenga l’approdo cui sono arrivato quello definitivo (si tratta pur sempre di un percorso in continua evoluzione, che potrebbe portarmi in futuro ad altre considerazioni, magari di segno opposto), ma sicuramente l’impegno in questa forma artistica, l’assidua frequentazione dell’ambiente e lo sviluppo del mio materiale hanno rafforzato in me una certa convinzione, che ho deciso di condividere in questa newsletter perché mi pare possa essere interessante aldilà del mio caso personale.
Tutto parte da un quesito di quelli esistenziali: perché una persona sceglie di fare il comico? Avevo già provato ad abbozzare qualche risposta, ma adesso vorrei affrontare la questione da un altro punto di vista, focalizzandomi sul concetto di scelta: quando dico che si sceglie di fare il comico, non mi riferisco banalmente alla decisione di partecipare alle serate di stand-up comedy. Mi riferisco a una presa di posizione che arriva dopo, o meglio, che può arrivare, dato che non penso valga per tutti. I motivi che spingono una persona a salire sul palco e a far ridere la gente sono molti e, spesso, rimangono oscuri agli stessi comici, che magari sentono solo un generico desiderio di farlo, oltre che un benessere in scena che altrove faticano a trovare. A un certo punto, però, questa volontà confusa può chiarirsi, proprio grazie all’accumulo di esperienza. Ecco, io sento che per me questo momento è arrivato, ed è successo quasi come un’epifania. Come molti comedian, sono partito con l’idea che il punto più importante della mia comicità fosse il messaggio: le mie battute servivano a esprimere punti di vista sociali, se non politici. Adesso mi rendo conto che percepisco l’essenza del comico in maniera diversa, e lo posso sintetizzare in una frase in apparenza banale ma che invece sottintende una filosofia pregnante (che è il motivo che mi ha spinto a scriverne): il punto più importante della mia comicità è la comicità stessa. Per me, significa che il valore di questa forma artistica non è dato tanto dai singoli concetti che un monologo offre al pubblico, ma dal fatto di proporre la modalità comica come chiave di approccio al mondo esterno, ai rapporti con gli altri e a sé stessi. Fare comicità vuol dire innanzitutto dichiarare la propria convinzione che tutto possa essere passabile di risata. Anzi: che tutto debba esserlo, perché non c’è niente di tanto sacro da risultare intoccabile. Essere un comico vuol dire ricordare continuamente che le nostre idee, le regole che governano il rapporto con gli altri e il modo in cui abbiamo strutturato la convivenza umana non sono assolute. Quando si ritiene che un’ideologia o un’esperienza siano assolute, le si tratta con una riverenza che ne impedisce la critica, che vieta la sana messa in dubbio, la possibilità del diverso; in questo contesto il comedian interviene rompendo l’aura che ammanta i nostri credi (dai più alti ai più quotidiani) aprendo ad un’accettazione reciproca che che la seriosità rigida del manicheismo cui tutti tendiamo ci impedisce di attuare.
Questo implica che adesso io ritenga ininfluente il contenuto dei pezzi comici? Assolutamente no. Ovviamente ci sono monologhi che preferisco, coi quali mi trovo più in sintonia, e certamente valuto ancora i comedian che incontro (anche) in base a quello che trasmettono con le loro parole. Ai fini del mio gradimento è importante l’argomento, ma è altrettanto importante che tu lo presenti non come un feticcio, non come una rivelazione ma come un prodotto umano, tanto discutibile quanto gli altri. Il comico guru è una contraddizione in termini: o sei una cosa o sei l’altra.
Parlavo prima di scelta perché questa filosofia non rimane un’analisi astratta, ma si tramuta in un modus operandi concreto che interviene sul reale attraverso la cura del proprio linguaggio (e di conseguenza del proprio pensiero): da quando il concetto del valore della comicità in sé ha raggiunto in me il livello della consapevolezza, ogni giorno mi applico affinché questa convinzione permei il mio lavoro. Ora, quando scrivo, ho sempre in testa che ho scelto di scrivere comico, che per me significa ad esempio stare sempre attento ad evitare il compiacimento di chi si sente dalla parte giusta.
Chiariamo: sostenere una causa, lottare per le proprie idee, fare politica è nobile, è un bene che ci siano persone che lo facciano con passione e la società ne gioverebbe se a livello individuale ognuno avesse più cura per questi aspetti. Però se lo chiedete a me oggi, vi rispondo che quello non è il compito del comico. Il che comunque non si traduce in un inno al disimpegno nella comicità, ma nella persuasione che il vero atto politico del comico non sia l’attivismo ma la promozione di una cultura antiretorica, intendendo la retorica come l’artificio col quale sacralizziamo le cose.
Ovviamente, la parte più difficile di questa operazione è applicarla ai propri convincimenti. E’ più complicato scherzare sulle proprie idee. Ma l’interpretazione del ruolo della comicità che sto proponendo in questa newsletter non va a distruggere i valori che ci muovono, ma il piedistallo inviolabile sul quale li abbiamo messi, riportandoli ad un livello umano che, in quanto tale, non ha pretese totalitarie.
Sul palco esprimo le mie idee, ma attraverso la tecnica comica mi sforzo di rendere chiaro che quello che dico (come tutto) è relativo. La sola Verità che voglio portare in scena è che la Verità non esiste, ed è per questo che l’uomo ha inventato la comicità.
Segnalazioni
Ancora su comicità e intelligenza artificiale: Jacopo Cirillo su Il Tascabile fa una approfondita analisi dell’argomento.
Su L’Essenziale, un’intervista a Luca Ravenna a firma di Giovanni Ansaldo.
Il ruolo dell’umorismo è cambiato, sostiene Dr. Pira su Link.
L’angolo autoreferenziale
“La stand-up comedy è come l’universo: in espansione” (semicit.): a breve inizierà una nuova rassegna a Monza, gestita dal sottoscritto. Il locale è il Griller Hop e il primo one man show proposto è quello di Giorgio Magri, domenica 2 aprile. Da lì in poi ogni due settimane, sempre di domenica, verso le 20.30.
Dove vedermi live
Martedì 21 marzo condividerò il palco del Ligera di Milano con Valeria Pusceddu, grazie all’invito di Edoardo Confuorto.
Giovedì 23 sarò con Simone Luzi al Maite di Bergamo per la Fucked Up Comedy Night organizzata da Francesco Doyle e presentata da Daniele Fiamma.
Lunedì 27 marzo tornano gli Scomedy Four al Garage Moulinski, con replica il 17 aprile.
Venerdì 31 marzo sarà all’Arci Ombriano di Crema per una serata gestita da La Rubinetteria.
Per quanto riguarda la rassegna al Wipe Out di Paderno Dugnano, mercoledì 22 marzo presento Mattia Rellini e Francesca Puglisi mentre il 5 aprile ospito Simone Luzi e Amedeo Abbate, rispettivamente con gli intermezzi di Luca Marzi con Nando Prati.
In Birreria Majnoni sabato 25 marzo c’è lo spettacolo di Daniele Raco (in apertura Giorgio Matta), mentre il 15 aprile andrà in scena Angelo Amaro con l’opening act di Patrizia Emma Scialpi.
Il video alla fine
Non ho ancora visto l’ultimo special di Christ Rock su Netflix e ne ho sentito parlare male. Ma la chiusa di questo bit su Will Smith secondo me vale davvero tanto.
Grazie a tutti!
*drops the mic*