La divertente arte di insultare la gente
Questa newsletter andrà online in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali (cit.)
Freud, Cyrano, i rapper e Donald Trump
Se la comicità è un tratto distintivo dell’essere umano, lo è anche l’insulto. “L’uomo che per primo lanciò una parola insultante al suo nemico invece di una lancia fu il fondatore della civiltà”: con questo Freud non intendeva sminuire il peso che le parole hanno (si sa che ne ferisce più la penna che la spada) ma voleva indicare che la sublimazione della violenza fisica in violenza verbale è all’origine della possibilità stessa del vivere in comunità; senza questo passaggio dal concreto al simbolico non ci si sarebbe emancipati dalla guerra di tutti contro tutti. Di più: poiché la violenza è un istinto insopprimibile per l’uomo, la possibilità di sfogarla in modo diverso dal prendere a pugni qualcuno garantisce un equilibrio psichico al soggetto, che trova nell’insulto una strada per esprimere la violenza senza ricorrere alle mani.
(Poi ci sarebbe da approfondire, come fa Freud, il fatto che la sublimazione di un istinto lasci sempre un residuo “non espresso” che genera nevrosi e altri tipi di disturbi, ma ci allontaneremmo troppo dall’argomento di questa newsletter).
Il legame tra insulto e comicità è lungo e ininterrotto: dal buffone di corte con licenza di offendere il sovrano a Lisa Lampanelli che prende di mira il pubblico con una sequela di commenti a sfondo razziale e sessuale, sembra che uno dei modi che funzionino meglio per far ridere sia ingiuriare qualcuno.
D’altra parte, l’insulto migliore è quello che ha in sé qualcosa di comico: tra “Tua mamma è grassa” e “Tua mamma è così grassa che mi chiedo dove nasconda la proboscide”, vince il secondo, perché alla costatazione oltraggiosa aggiunge un quid di fantasia, elemento determinante per la qualità dell’insulto, come sa bene Cyrano che nella scena 4 dell’Atto I sbaraglia la concorrenza pronunciando un ricco monologo denso di divertenti sberleffi riguardanti l’enormità del proprio naso che il Visconte, dall’immaginazione ridotta, si era limitato a definire “grosso”.
Non è solo questione di fantasia. La battuta è un indovinello che il pubblico, per poter ridere, deve risolvere; denigrare qualcuno attraverso la comicità significa allora fare sfoggio della propria superiorità intellettuale: non solo dico una cosa negativa nei tuoi confronti, ma la dico in modo sagace, dimostrando di essere più arguto di te.
La costruzione di una battuta si fonda sulla manipolazione del linguaggio e necessita di un uso consapevole delle parole, a ciascuna delle quali viene data un’importanza estrema. Qualunque comedian potrà confermare che basta cambiare un termine, o spostarlo all’interno della stessa frase, per ottenere sul pubblico effetti totalmente differenti.
In ciò l’umorimo è molto simile alla composizione musicale: ha una grammatica precisa, tempistiche rigorose, un suo rigore matematico. Tra i generi, quello che più si avvicina alla comicità credo sia il rap, perché anch’esso è fondato su una stesura di testi calibrati parola per parola e fa largo uso dei giochi lessicali. Si potrebbero evidenziare diversi punti di contatto tra rap e comicità (tra il freestyle e le set list, ad esempio), ma per rimanere nell’ambito dell’insulto, mi pare evidente che il dissing faccia largo uso dell’effetto comico per i motivi detti sopra: il rapper più bravo è quello che utilizza in maniera più creativa le parole e il modo più originale per sfottere l’avversario.
Non sempre però l’insulto mantiene la sua carica offensiva. Essendo come abbiamo detto anche un’esibizione della propria bravura, esso può diventare un esercizio di stile, senza nessuna vera intenzione di denigrare.
Inoltre il contesto influisce parecchio sul valore di un insulto. Come ha recentemente ricordato Natalino Balasso, per divertire bisogna divergere dal consueto, ma se dal comico ci si aspetta esattamente l’essere offensivo, allora buona parte del potenziale sovversivo viene meno. E’ difficile immaginare che se le provocazioni di Ricky Gervais disturbassero davvero l’establishment hollywoodiano l’attore inglese sarebbe continuamente chiamato a presentare i Golden Globes. La verità è che una dose di trasgressione, se incanalata a dovere, vende.
Il format nel quale è più evidente la natura ambigua dell’insulto comico è il roast. Si tratta di uno spettacolo durante il quale l’ospite d’onore viene sbeffeggiato da amici, conoscenti o persone chiamate apposta. Certo, a volte capita che il protagonista si offenda, per eccessivo amor proprio o perché il comico ha (volutamente o meno) superato una certa linea, ma sono casi eccezionali. L’essenza dello show è celebrativa: riunirsi attorno ad un personaggio per burlarsi di lui significa ritenerlo degno di considerazione e in questo gioco l’insulto è un tributo camuffato. “We only roast the ones we love” recitava il motto del Friars Club, uno dei primi locali a proporre questo tipo di serate.
L’offesa può trasformarsi nel suo contrario, e le vittime più avvedute sanno che essere bersaglio dei comici può aumentare la popolarità. In tempi recenti, in Italia, i politici che accettano d’esser presi di mira dai monologhi di Maurizio Crozza guadagnano in simpatia. Nel 2011, Donald Trump conclude il roast dedicatogli da Comedy Central dicendo che se avesse deciso di candidarsi la gente avrebbe avuto l’opportunità di votare il miglior Presidente nella storia degli Stati Uniti: sapendo com’è andata a finire, fa strano oggi vedere gli applausi divertiti dei comici presenti e del pubblico in sala, in un tripudio di coriandoli rossi, bianchi e blu. Usando le parole di Liz Shannon Miller, che nel 2016 ricostruisce l’episodio alla vigilia delle elezioni che avrebbero portato il tycoon alla Casa Bianca, “Whether or not it was funny then, it’s not at all funny now”.
Il tono preferito dalla comicità è l’eccesso. Nella satira, questo implica ad esempio che la critica spesso si avvicini all’insulto, perché l’iperbole spinge ad andarci giù pesante. Ma non per forza è sbagliato: come ricorda Luttazzi citando Aristofane, “ingiuriare i mascalzoni è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti”. Punching up, not down, dicono gli anglosassoni, ovvero colpisci quelli che stanno sopra (chi ha più potere) e non chi sta sotto (e ne ha meno). Se il comedian si assume la responsabilità della scelta dei suoi bersagli, allora per me ci dev’esser libertà assoluta.
Anche perchè mi chiedo: è davvero un problema venire insultati? Intendo un problema che debba essere regolamentato, sanzionando ad esempio i commenti offensivi sui social network. Ammetto di essere parecchio perplesso al riguardo e che limiterei il reato di diffamazione ai soli casi in cui viene detta una cosa falsa a proposito di una persona. Probabilmente potrei vederla in un altro modo se mi piovessero addosso centinaia di insulti ogni giorno via web, ma al momento non riesco a non ritenere che l’ossessione per i safe space, per proteggere le sensibilità di chiunque da qualunque minimo elemento possa turbarle, a lungo andare produca una società reazionaria, nella quale il rifiuto per lo spiacevole coincida alla fine con l’espulsione dell’altro da sé. E se pensate che mi sbagli, potete pure darmi del coglione.
L’angolo autoreferenziale
Durante il primo lockdown ho partecipato a diversi roast organizzati dai Comici in cantina, come quello a Space One. Trovate anche tutti gli altri qui.
Dove vedermi live
Non è stata un’idea eccezionale prevedere questa rubrica nel bel mezzo di una pandemia. Va beh. Con Mattia Rellini e Giò Viscol ho ripreso La dispensa: dieci battute su un tema scelto di volta in volta. Ecco l’episodio natalizio, e quello dei propositi per il 2021 (auguri!).
Segnalazioni
In Italia l’araldo della insult comedy è Giorgio Magri, il cui repertorio è basato su one line (battute singole) che hanno l’obiettivo di colpire ogni possibile categoria umana, con una certa preferenza, va detto, per i francesi.
Parlando di roast non si può non citare Jeff Ross. “Roastmaster General” di Comedy Central, ha scritto un libro un po’ biografico, un po’ di ricostruzione storica su questo tipo di show e un po’ di consigli su come insultare la gente. Su Netflix trovate i suoi Historical Roasts, nei quali gli ospiti d’onore sono personaggi quali Cleopatra, Martin Luther King e Anna Frank.
Seduty Comedy è un progetto online di Amedeo Abbate e Andrea Nani, due schegge impazzite della comicità italiana. Dal 6 febbraio, tre puntate a contenuto surreale e lo speciale San Faustino non Valentino. Biglietti disponibili dal 22 gennaio su vipresent.it. “Quando il nonsense incontra il permanganato di potassio e lui ride. E capisce”. Non credo ci sia bisogno d’altre presentazioni.
Avremo modo di riparlarne. Per maggiori info, visitate la pagina Facebook dell’iniziativa. Questo intanto è un piccolo trailer:
Il video alla fine
Anche l’insulto comico sottostà ad una delle più importanti Leggi della Comicità: ci deve essere sorpresa. Se non c’è qualcosa di inaspettato, non scatta la risata. Costruire una battuta ha qualcosa di magico, anche nel senso che questo effetto sorpresa ricorda quello della prestidigitazione. Come sarebbero i comedian se si atteggiassero come i maghi? Così:
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