La patria della stand-up: il Fringe di Edimburgo
Il più importante festival al mondo visto da Luca Cupani e Marco Di Pinto
Happy birthday Groucho!
Questa newsletter compie oggi due anni. Una volta al mese, dal 19 agosto 2020, provo a scrivere di comicità basandomi su due criteri: parlare di quello che voglio e tentare di non essere banale. Nel tempo ho ricevuto complimenti, critiche, consigli e sono felice di esser riuscito a mantenere l’impegno. Mi concedo solo un pizzico di retorica: grazie a tutti voi lettori per il sostegno, come al solito sono più che lieto di sentire i vostri pareri su come proseguire Tendenza Groucho e di discutere con voi dei temi che tratto. And now… welcome to the show!
The place to be if you are a comedian
Se aprile è il più crudele dei mesi, agosto è quello più stand-up. Almeno a Edimburgo, patria del Fringe. Si tratta del più grande festival di spettacolo dal vivo al mondo: quest’anno dal 3 al 29 agosto la città ospita 3.171 spettacoli al giorno. Una cifra che è difficile immaginare, si capisce che è grande ma solo muovendosi per le vie della capitale scozzese ci si rende conto di quanto lo sia. Ogni angolo nasconde una venue: dai grandi teatri ai piccoli pub, dalle chiese sconsacrate alle aule universitarie, passando per un’infinità di altri luoghi che per l’occasione si trasformano in palcoscenici. Oltre a prosa, danza, circo, c’è molta comicità e buona parte della programmazione è dedicata alla stand-up comedy.
Come nel 2019, ho la fortuna di essere al Fringe a lavorare per tutto il mese. Non come comico e neanche come artista, ma come project manager degli acrobati kenioti Black Blues Brothers. E, anche se da comedian esser qui e non esibirmi mi fa sentire come il tecnico luci di un film porno, ho colto l’occasione per vedermi un po’ di spettacoli e per fare quattro chiacchiere con due comici italiani presenti al festival: Luca Cupani e Marco Di Pinto.
Prima di tutto, come siete diventati comici di stanza nel regno Unito?
Luca Cupani Sono un italiano che, dopo una vita sin troppo tranquilla, a 35 anni ha deciso di cambiare tutto. Ho lasciato il mio lavoro di redattore per le case editrici e mi sono iscritto a una scuola di recitazione nella mia città, Bologna (Scuola Colli, la stessa in cui si è diplomato un certo Alessandro Ciacci). Dopo aver scoperto quanto sia bello calcare un palco, ho preso coraggio e mi sono trasferito a Londra (era il 2014, prima della Brexit), con l’idea di fare l’attore. Per le prime settimane non ho combinato molto, neanche quando cercavano attori italiani, perché ai provini mi dicevano che non avevo la faccia tipica mediterranea, apparentemente sembravo polacco. Poi un amico mi ha parlato degli open mic di stand-up, che avevano il vantaggio di essere appunto aperti e accessibili a tutti. Ho fatto domanda per la migliore serata open mic di Londra (il Gong Show al Comedy Store, una specie di corrida in cui il pubblico può cacciarti in qualunque momento dal palco e devi resistere 5 minuti) e ho incredibilmente vinto: il premio era fare 5 minuti (garantiti, questa volta) in una serata con comici professionisti. Da quella volta mi sono appassionato di comedy e ho deciso di diventare un comico e di cominciare dal circuito britannico, un po’ perché è qui che ho iniziato e un po’ perché mi piace molto lo humour British.
Marco Di Pinto Vivo a Londra dal 2012, ho 33 anni e mi nutro di stand-up da quando ne avevo 16. Mi esibisco pochissimo ormai, mi concentro quasi esclusivamente sul dietro le quinte e organizzo eventi in giro per il mondo sia in inglese che in italiano. Prima di tutto ciò, giocavo a calcio a 5, ho fatto la serie B per 7 anni in Italia.
BeComedy è una realtà nata nel 2017, creata da me e Antonio Ricatti, quasi per gioco. Abbiamo iniziato ad organizzare serate in Puglia che sono andate alla grande (cosa che non ci aspettavamo assolutamente). Poi nel 2018 è partita l’idea parallela di BeComedy UK nel Regno Unito, con l’intento di girare il mondo facendo stand-up comedy. E la cosa funziona parallelamente al sottotitolare video di stand-up in italiano su Instagram. Questa cosa ci aiuta a raggiungere un pubblico molto più vasto, e siamo arrivati a quasi 70mila followers in pochi anni. Ho un team pazzesco di persone composto da Silvia Barbaglia, Tiziano La Bella e Lucia Rea che sono qui con me a Edimburgo e mi aiutano costantemente in tutto ciò che faccio a Londra. Senza di loro, avrei mollato miseramente anni fa…
Mi raccontate cos’è il Fringe di Edimburgo per la stand-up comedy?
LC È una bellissima vetrina: al Fringe ci sono tantissimi spettacoli e la sezione comedy è la più numerosa. I comici meno esperti di solito partecipano solo per una o due settimane e non portano un proprio spettacolo, ma fanno dei set brevi (10-12 minuti) all’interno dei vari compilation shows che si trovano quasi a tutte le ore. Quelli un po’ più esperti restano a Edimburgo per l’intero mese e portano uno spettacolo in due o in tre, come una sorta di showcase in cui ognuno fa il proprio set, da venti minuti o da mezz’ora. Poi c’è chi porta uno spettacolo di un’ora (che al Fringe significa 50-55 minuti), ma sotto il titolo di Work In Progress, a indicare che si tratta di materiale nuovo, non ancora ben strutturato (quest’anno Daniel Sloss fa un Work In Progress, che nel suo caso è andato sold out da subito). Infine, chi si sente pronto a vivere l’intera esperienza porta uno spettacolo di un’ora tutto per sé, per tutta la durata del festival: è quello che per esempio faccio io col mio show Happy Orphan. Qualunque sia la modalità di partecipazione, se i comici vivono il festival nella maniera giusta otterranno almeno due cose: la possibilità di conoscere tantissimi colleghi e anche persone della stampa (i temuti reviewers) e dell’industria (agenti, promoter, gestori di locali e a volte anche manager di TV o piattaforme streaming) e la possibilità di migliorare, perché esibirsi ogni giorno, più volte al giorno, di fronte a un pubblico sempre diverso non può che aiutare a diventare migliori performer.
MDP Il Fringe è un po’ come i mondiali di calcio per noi promoter e comici. Per tutto il mese di agosto la città di Edimburgo si trasforma in un gigantesco comedy club, e migliaia di locali ospitano serate di teatro, cabaret, musica e stand-up dalla mattina fino a notte fonda. Un sogno per qualunque artista!
Come si fa a partecipare? Come funzionano le relazioni con le venue?
LC Per partecipare occorre trovare una venue (un palco) che sia disposta a ospitare la nostra ora di spettacolo. La ricerca comincia già da novembre/dicembre e idealmente entro febbraio uno dovrebbe avere trovato qualcosa, in modo da potersi poi iscrivere al Fringe: l’iscrizione non può infatti essere completata se non c’è la conferma da parte della venue. I palchi variano molto, soprattutto in base alle dimensioni, alla location e all’orario: più grande è la sala, più centrale è la posizione e più richiesta è l’ora, maggiore sarà il prezzo (le venue infatti vengono “affittate” dai performer, ndr). C’è però anche la possibilità di non spendere cifre eccessive: se si sceglie una venue che fa parte del free festival, cioè con spettacoli gratuiti, è possibile avere prezzi contenuti (anche se non si potrà stabilire un biglietto con un prezzo fisso, ma al massimo richiedere una donazione anticipata). In genere ci si rivolge contemporaneamente a più organizzazioni, nella speranza che almeno una ci faccia una offerta buona. L’esito di queste trattative dipende soprattutto da due cose: dal fatto che gli organizzatori ci conoscano (magari non personalmente, ma che almeno sappiano cosa facciamo) e dalla bontà (almeno sulla carta) dello show per il quale chiediamo un palco. Tutto ciò che può aiutare (dall’aver vinto un premio di comedy all’avere molti followers) viene ovviamente messo in evidenza nella application, perché il messaggio implicito è: sono abbastanza bravo da attirare pubblico e farlo divertire, se mi dai il palco non ti pentirai. Dopo qualche anno è naturale instaurare rapporti con le varie venue e, per esempio, se il festival precedente è andato abbastanza bene e si sceglie di confermare con la stessa organizzazione, non è insolito vedersi offrire orari migliori.
Mi parlate delle vostre esperienze passate?
MDP Io e Tiziano La Bella siamo stati assieme al Fringe nel 2019, era la nostra prima volta. L’esperienza è stata bellissima e traumatica allo stesso tempo. Siamo andati quasi alla cieca (avevamo solo avuto dei preziosi consigli che ci aveva fornito Luca) ma è stata tosta perché il locale era terribile e non avevamo nessuno che ci aiutasse col volantinaggio, cosa che qui è fondamentale.
LC La primissima volta fu un po’ un salto nel buio: era il 2014, non sapevo nulla del Fringe e mi iscrissi molto tardi. Ottenni una sala (chiamata Gothic Room) in un posto rumorosissimo, accanto a un DJ set, da mezzanotte e mezza all’una. Volantinare a quell’ora per cercare pubblico era una impresa e il poco pubblico in genere lasciava la sala per andare all’una a vedere uno show chiamato Shaggers. Imparata la lezione, nelle successive edizioni sono sempre riuscito a trovare orari migliori (al pomeriggio) e in sale piccoline (massimo 50 posti) ma caratteristiche: il secondo piano di un bus trasformato in teatro, un cocktail bar, la soffitta di un locale e, quest'anno, una strana stanza (la spare room) lunga e stretta, con panche da chiesa al posto delle sedie.
Che valore ha la possibilità di fare lo stesso show per così tante sere consecutive? E com’è il pubblico del Fringe? Ci sono differenze col pubblico delle serate “normali”?
LC È molto importante esibirsi per un mese di fila, perché il pubblico cambia ogni giorno, sia come dimensione (a volte la sala è piena, a volte ti esibisci davanti a una o due persone) sia come composizione: giovani, anziani, coppie, singoli, pubblico internazionale in cui nessuno è scozzese o inglese oppure al contrario un pubblico quasi solo locale. Questi continui cambiamenti ti costringono ad adattarti e soprattutto sfatano un po’ il comodo mito del “sono bravo, ma il pubblico non è alla mia altezza”. Ci saranno certamente giornate in cui è più facile avere un’intesa col pubblico e ogni battuta fila liscia, ma se al contrario si susseguono giornate in cui nessuno ride, l’unica spiegazione è che qualcosa nel modo in cui presentiamo lo spettacolo o nello spettacolo stesso non funzioni bene. Insomma, al 99,9% il problema siamo noi, non il pubblico. Gli spettatori cambiano sempre e non sono etichettabili. Inoltre, generalmente è un pubblico competente e abituato alla comedy: magari un’ora dopo il tuo spettacolo uno andrà a vedere Stewart Lee, qualcuno Janeane Garofalo e un altro Frankie Boyle, il che da un lato aumenta la pressione su di noi che non siamo ancora famosi, dall’altro è uno dei motivi per cui il Fringe è così speciale.
MDP Se vuoi fare il comico, il Fringe è una cosa che devi fare assolutamente. Ti migliora come performer, come artista; al Fringe ti fai le ossa. Ogni show ti aiuterà a modificare i tuoi pezzi, “asciugarli”, scartarli o renderli più scorrevoli. Ti confronti con un pubblico multietnico e la cosa non può che aiutare il tuo processo di maturazione da comedian. Rispetto a Londra, poche differenze, poiché anche qui a Edimburgo trovi persone di ogni nazionalità. Hanno una maggiore tolleranza alle battute dark (gli scozzesi in particolare amano il black humour). A volte capita il gruppone di ubriaconi o un addio al celibato, e sono abbastanza difficili da gestire. Come dicevamo prima, ti fai le ossa…
Mi raccontate gli show che portate in scena quest’anno, Happy Orphan per Luca e No Limits per Marco?
LC Happy Orphans parla del rapporto con la mia defunta madre e di come mi sia accorto che, in questi dieci anni da quando è morta, la mia vita sia stata bellissima. L’occasione dello show nasce dal fatto che un anno fa, quando ancora eravamo in piena pandemia (non che adesso sia finita, ma diciamo che ora si pensa più alla guerra in Ucraina che alla pandemia) ricevetti una email dal cimitero di Bologna, la mia città, dove lei è (era) sepolta. L’email mi informava che, essendo scaduto l’affitto della fossa dopo dieci anni, l’avrebbero esumata. È una cosa che si fa in Italia e in Grecia, ma in UK è inaudita: questa assurda burocrazia cimiteriale mi ha offerto la cornice in cui parlare un po’ più a fondo della ma vita con mia madre e di come sia cambiata senza di lei. Nonostante si parli molto di morte (e di tombe e di ossa), il mio intento è cercare sempre il lato divertente, evitando il momento “serio” strappalacrime. Per ora mi pare di esserci riuscito, anche perché nel programma del Fringe ho messo che il mio show tratta “temi stressanti”, proprio per mettere in guardia chi potesse essere a disagio nel vedermi scherzare su questo argomento.
MDP No Limits l’ho ideato nel 2020 in preparazione al Fringe che è stato poi cancellato per Covid. Tre comici e un presentatore, solo battute dark. Volevo andare controcorrente, fare un qualcosa di diverso da quello che fanno tutti gli altri: andarci giù pesante e creare un safe space per QUALUNQUE tipo di battuta su QUALUNQUE argomento, soprattutto quegli argomenti considerati tabù.
Visti i temi dello show, mi viene da chiederti: che aria si respira in UK riguardo al politicamente corretto? E cosa ne pensi tu dell’argomento?
MDP Londra, al contrario di quello che pensano moltissimi, è estremamente “politicamente corretta”. Abbiamo avuto diversi problemi ai nostri show: appena un comico cerca di spingersi oltre, il pubblico si irrigidisce. Più vai a nord, meno sensibile è il pubblico. Infatti, vorremmo esibirci molto di più fuori Londra. Sono tempi strani, fai una battuta sui norvegesi e persone non norvegesi si offendono al posto dei norvegesi stessi (a cui non frega un cazzo della battuta e non sono per niente offesi). La gente si arrabbia per una battuta ma non muove un dito quando c’è da scendere in piazza a protestare per le vere battaglie e delle cause importanti. Ci offendiamo per PAROLE dette da un comico mentre il mondo attorno a noi cade a pezzi. Perdiamo tempo a parlare di una battuta sul razzismo, piuttosto che risolvere il problema stesso. Anche su Instagram, siamo censurati continuamente, ma non molliamo. La libertà di parola va difesa sempre, a costo di rimanere poveri e sconosciuti.
Segnalazioni
Molto bello questo articolo di Jacopo Cirillo dedicato a Valerio Lundini (partendo da Achille Campanile e passando per Frassica), ma che in realtà contiene un sacco di spunti notevoli sulla comicità in generale.
Su Substack non c’è solo Tendenza Groucho: questa è Funny How: Letters to a Young Comedian.
Il rapporto tra Paolo Rossi e la stand-up comedy, secondo Nicola Cupperi.
L’angolo autoreferenziale
Sto finalmente scrivendo pezzi nuovi e preparando un po’ di serate, one man show e collaborazioni. Ci sarà tempo e modo di parlarne. Intanto, un nuovo episodio della saga Nicola vs il caffè all’estero.
Dove vedermi live
A settembre ripartono le rassegne che gestisco: al Wipe Out di Paderno Dugnano mercoledì 7 va in scena Giorgio Magri (apertura di Michela Altieri), mentre il 21 si alterneranno Marco Los e Giordano Folla, accompagnati da Micol Ronchi.
Alla Birreria Majnoni di Erba venerdì 30 si apre la stagione con Giorgio Magri.
Il video alla fine
Davide Sberna, una macchina da guerra della stand-up.
Ci risentiamo il mese prossimo, a due anni e un mese da quando tutto questo è iniziato.