E’ uno sporco lavoro ma qualcuno ecc. ecc.
Ho deciso di dedicare la newsletter di questo mese a un tema che riguarda non tanto la comicità in sé ma a un aspetto collaterale, eppure secondo me fondamentale, del fare il/la comic*: il rapporto con gli/le altr* comedian.
Penso che le relazioni che si instaurano all’interno di questo ambiente siano peculiari; non dico che siano diverse da qualsiasi altro tipo di interazione che avviene in ambiti differenti (non lo so, non ho mai frequentato la scena dei camionisti, degli insegnanti, dei fruttivendoli) ma certamente hanno caratteristiche specifiche e ricorrenti che in qualche modo si intrecciano poi alle questioni artistiche e sulle quali vale quindi la pena riflettere.
Un aspetto secondo me centrale nelle dinamiche sociali dei/delle comic* è l’ambiguità tra la professione e l’amicizia. Quello del comedian è senza dubbio un mestiere; non è necessario fare distinzione tra chi campa di questo lavoro e chi lo vive (volente o nolente) più come un hobby: se dico che è un mestiere intendo che per farlo occorre applicarsi, non solo dal punto di vista creativo ma anche nella ricerca di visibilità e opportunità; tolti coloro che si cimentano in un open mic per togliersi lo sfizio, o che frequentano le serate per motivi non strettamente legati al voler essere comedian, tutt* gli/le altr* hanno una dose di ambizione che li/le spinge a cercare di esibirsi il più possibile, di ottenere minutaggi sempre maggiori, di essere chiamat* su palchi prestigiosi. Se si aggiunge anche la questione economica, cioè la possibilità di trarre un ricavo dalle proprie prestazioni, mi sembra chiaro che possiamo parlare di “fare carriera”, nel senso professionale del termine.
D’altra parte, come molti ambiti artistici, anche quello della stand-up non è solo un lavoro ma è anche un’esperienza umana molto coinvolgente. Non è quindi raro che nascano vere e proprie amicizie, che spesso diventano le sole che il comedian ha: l’impegno richiesto dalla stand-up è ingente, obbliga a passare molte sere nei locali in compagnia di altr* comic* e senza accorgersene si finisce per frequentare solo comedian. Una situazione che deriva anche da un desiderio, quello di stare coi propri simili. Partecipare alle rassegne significa conoscere persone che hanno la tua stessa passione, che parlano la tua stessa lingua, una lingua un po’ diversa da quella degli e delle altr*. Mi pare che sia stato Giordano Folla, nel podcast Tazza di Caffè, ad ammettere che da quando fa il comico abbia più difficoltà a trovarsi a suo agio con chi non lo fa, come se appartenessero a due mondi differenti. Senza esagerare, possiamo dire che condividere la stessa mentalità (una visione comica dell’esistenza), le stesse speranze, ma anche le stesse paure e frustrazioni, crea dei legami molto forti che altrove si fa più fatica a trovare.
Ma queste connessioni sono contemporaneamente strette ed effimere, nel senso che sono intense ma nascono e dipendono dalla contingenza: ci si è trovat* perché si fanno le serate assieme, le scadenze con le quali ci si vede sono dettate dall’agenda degli open mic e degli spettacoli. Non dico che, una volta instaurata un’amicizia tra comedian, essa non possa svilupparsi anche al di fuori dell’ambito comico, ma penso che non sia raro che questo non avvenga. Molte volte il rapporto si consuma totalmente all’interno degli eventi di stand-up, tanto che se una delle parti smettesse di fare il/la comedian la frequentazione cesserebbe. E questo senza sminuire per nulla il valore e la profondità di quell’amicizia, che come ho detto è appagante e totalizzante.
La gestione delle rassegne (ovvero la scelta di chi si è esibisce), inoltre, è affidata non di rado a persone che a loro volta sono comic*; il/la comedian si trova così in una condizione particolare: lavora in un ambiente competitivo nel quale sia i suoi concorrenti che i “datori di lavoro” spesso sono suoi amici. Questa realtà può produrre diversi conflitti interiori e esteriori: dalla delusione per non essere stat* chiamat* a partecipare a una sua serata da chi consideri tuo sodale al senso di colpa per non invitare una persona che ti è cara ma che non pensi meriti quello spazio, passando per la sensazione di esclusione (tutti i/le comedian si sentono sottovalutate e ritengono di stare ottenendo meno di quello che meritano) che non è solo professionale, ma umana. Sentirsi “fuori dal giro” è doppiamente pesante, perché investe il lato artistico/lavorativo (non mi danno opportunità di esibirmi) e quello sentimentale (non mi considerano parte del gruppo).
Un ulteriore aspetto che problematizza la situazione dei/delle comedian è che questo tipo di professione è fatto anche di pubbliche relazioni: devi farti conoscere, provare a entrare nei giri giusti, vendere il tuo show. In questi meccanismi il confine tra sincerità e opportunismo è necessariamente sfumato (ovviamente a seconda della moralità delle persone coinvolte) e personalmente non credo ci sia nulla di male. Si tratta, appunto, di lavoro. Sarebbe ingenuo pensare che nella scelta della programmazione dei locali non conti anche la conoscenza diretta e il rapporto personale che si ha con gli organizzatori. Come in tutte le interazioni sociali è necessaria una parte di ipocrisia, che ognuno dosa a seconda della propria sensibilità. Questo però aggrava lo sforzo richiesto in termini mentali e di gestione dei propri sentimenti, cosa che non tutti riescono a sopportare. Complice il fatto che il lavoro artistico spinge a esporsi in prima persona in maniera molto indifesa (sul palco si è soli, di fronte al giudizio del pubblico), tant* comic* vivono male le dinamiche che strutturano il gioco: nei peggiori dei casi, tutto diventa una questione personale, uno sgarro fatto da una persona della quale ci si fidava, una scorrettezza sul piano umano, con conseguenti malumori, rancori, stress e depressioni.
Probabilmente, più si sale di livello meno conta quanto ho detto sinora: i e le comedian che vivono delle loro tournée (magari nei teatri) o che appaiono regolarmente in TV, sono inserit* in un sistema maggiormente formale, nel quale le contrattazioni sono meramente professionali e c’è meno spazio per la componente emotiva. Ma credo che il discorso possa valere in generale, anche perché in questo settore lo spartiacque tra “chi ce l’ha fatta” e chi no (o non ancora) è mutevole e non tracciabile nettamente.
Auspicare contesti lavorativi trasparenti è ovviamente giusto, così come cercare relazioni sincere e di sostegno reciproco. Ma capire e accettare che i rapporti che si creano in questo ambiente, per loro stessa natura, hanno un grado di ambivalenza mai del tutto eliminabile è essenziale per poterci vivere serenamente.
Segnalazioni
Con colpevole ritardo ho scoperto solo da poco la Rivista Italiana di Studi sull’Umorismo. C’è tutto l’archivio online con diversi articoli veramente interessanti.
Un articolo del Los Angeles Times nel quale divers* comedian esprimono le loro idee sulla “comicità politica”.
Sull’ultimo numero di Finzioni, il mensile culturale di Domani, c’è un bell’articolo di Francesco Lancia che spiega perché può esistere la satira di destra. Recuperatelo!
L’angolo autoreferenziale
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Una piccola, grande sorpresa: mercoledì 1 novembre al Wipe Out di Paderno Dugnano debutterà un nuovo format. Tutto Sotto Controllo è un game comedy show fatto da me, Nando Prati, Patrizia Emma Scialpi e Davide Spadolà. Stand-up comedy, giochi di improvvisazione, interazione col pubblico. Segnatevi la data, e già che ci siete prendetevi un appunto per mercoledì 15 novembre, quando replicheremo alle Officine Libra di Monza.
Dove vedermi live
Ci saranno tre occasioni per vedere il mio one man show completo, Nutro i miei dubbi: giovedì 26 ottobre al Joy di Milano (grazie a Luca Anselmi), sabato 11 novembre al Radio Aut di Pavia (thanks to Federico Melchionna e Laura Pusceddu) e lunedì 13 novembre al Lato B (per merito di Diego Piemontese e tutta la crew del locale).
Domenica 5 novembre farò una quarantina di minuti al Doppio Malto di Lentate, data per la quale ringrazio Giordano Folla.
La rassegna al Wipe Out prevede: mercoledì 25 ottobre Marco Lillo Di Biase e Tommaso Adami, con intermezzo di Silvia Pelucchi; mercoledì 8 novembre Alessandro Cerato e Federica Gambino, con intermezzo di Sandro Colabella.
Il Griller Hop di Monza offre due nuovi one man show domenica 29 ottobre e domenica 12 novembre.
In Birreria Majnoni, sabato 18 novembre ospitiamo lo spettacolo di Fill Pill.
Riparte la stagione allo Spazio Rosmini di Monza: venerdì 3 novembre saliranno sul palco Simone Luzi e Amedeo Abbate, con l’intermezzo di Irene Tramontano.
Ci sarà tempo anche per l’open mic del Radio Aut, sabato 28 ottobre.
Il video alla fine
A volte sul palco le cose non vanno esattamente come te le eri immaginate. Vero, Lee Mack?
Fate i bravi.