Taylor Tomlinson, l'euforia sopra la disperazione
Un percorso nei primi tre show della comedian americana
Che schifo avere vent’anni
Taylor Tomlinson è una delle comiche più in ascesa in questo periodo. Deve il suo successo a una qualità veramente alta di scrittura e performance e al fatto che il suo repertorio, le storie che racconta, i drammi che esprime, le insicurezze che palesa ma anche l’ironia con cui affronta il tutto, sono quelli di un’intera generazione (lei è classe 1993). E’ da poco uscito il suo terzo special Netflix e mi è sembrata l’occasione giusta di farne un profilo, sicuro che la sua carriera è appena cominciata e che toccherà tornare sui lei nei prossimi anni.
La sua prima apparizione sulla piattaforma streaming è datata 2018, quando partecipa alla serie The Comedy Lineup con quindici minuti nei quali condensa molto di quella che avrà modo di approfondire negli spettacoli successivi. Tomlinson inizia dicendo di sembrare una mormone, una ragazza normale, di quelle che cresceranno i tuoi figli. Non che pensi di non essere bella, diciamo che preferisce definirsi “subjectively hot”. Contesta che i vent’anni siano il periodo migliore della vita, dato che lei ha fatto schifo. A una sua coetanea che le ha detto “Vado in Tailandia a cercare me stessa”, risponde: “Hai provato da Starbucks? Magari sei lì”.
Con un ritmo incalzante, che spesso non lascia spazio per le risate alla fine delle battute, parla di vari argomenti, tra i quali il concetto di spontaneità applicato alle foto, irrimediabilmente perso con Instagram, i suoi filtri, e l’ansia di apparire sempre al top. Ad un certo punto affronta un tema come la violenza sulle donne con una forza quasi euforica che incredibilmente ne toglie tutta la pesantezza. Questa sua capacità ci colpirà diverse volte nel corso dei suoi show. Tomlinson conclude il monologo dicendo di volersi sposare, ma non troppo presto, e inanella una serie di battute sul cosa significhi essere adulti (in sostanza: essere soli) per terminare con il joke sul convincere i ventenni a mettere un preservativo, che sarà uno dei momenti più forti anche del suo primo special.
Quarter-Life Crisis arriva nel 2020, ed è la prima messa a punto sistematica del suo universo comico, che in sostanza si fonda sull’educazione religiosa ricevuta da bambina, sul rapporto conflittuale coi genitori e sulla perenne instabilità emotiva con conseguenti problemi relazionali. “Every guy I've ever dated has told me I have trust issues, which is something liars say when you're on to them” dirà nel suo secondo spettacolo.
Nell’inizio dello show, molto forte, Tomlinson parla del suo essere introversa e arriva subito alla tematica che le sta a cuore: i vent’anni fanno schifo.
Lo special va avanti tra monologhi sul sesso (resi originali dal fatto che Tomlinson è stata molto religiosa, ma non bigotta al punto da essere sessuofobica), sui figli (e sull’assurdità che siano tuoi per sempre, non importa che persona sei) e sulle questioni relazionali. La comedian fa un uso del corpo straordinario; raggiunge un’espressività comica altissima, senza fare quasi mai vere e proprie scenette, tranne quella del matrimonio che è semplicemente un capolavoro.
Tomlinson è un personaggio forte, che però non nasconde il suo essere weird. Parla degli uomini, delle differenze con le donne, ma senza un tono polarizzante. Ed è forse questa la sua caratteristica più sorprendente: è sempre gioiosa, anche quando parla della sua disperazione, anche quando racconta quanto sia dura crescere, anche quando esprime tutta la disillusione che ci aspetta quando diventiamo adulti, e questo in qualche modo riesce sempre a non abbatterci, anzi.
Come dicevo all’inizio, dà voce a un disagio che è generazionale, è quello di una generazione disincantata rispetto alle proprie aspirazioni, all’influenza pesante che hanno avuto i propri genitori e alla possibilità di migliorare di molto sé stessi guarendo dai propri traumi. Una generazione che in mezzo a tutto questo fa terapia, e lo rivendica. Una generazione altamente consapevole di sé stessa, ma che non sa trasformare questa consapevolezza in cambiamento, e le rimane solo l’ironia come arma di difesa e di antidoto alla depressione.
In Look At You (2022) annuncia di esser tornata in terapia e quando chiede agli spettatori se anche loro ci vanno, sentite le risposte commenta: “Soprattutto donne. Questo è il problema”.
Ma l’annuncio più importante è un altro: Tomlinson ha scoperto di essere bipolare. Parla apertamente degli antidepressivi che prende, un tema che anche nella bolla liberal woke serva della lobby arcobaleno dalla quale vi parlo non è comunque ancora così sdoganato. Racconta della difficoltà di avere problemi di salute mentale in una famiglia religiosa e conservatrice, con un padre il cui unico consiglio di fronte ai suoi attacchi di panico è stato: “Quando ti senti così, vai il più lontano possibile dalle persone che ami”.
Tomlinson riesce in maniera sublime a descrivere le tante sensazioni che si prova a stare male e a fare percorsi di guarigione, da quelle più cupe a quelle più liberatorie. A conferma della portata generazionale della sua voce, credo che anche chi non soffra dei suoi stessi problemi possa riconoscersi (seppure ovviamente in tono minore) nei sentimenti che prova. La depressione che ha provato non va intesa solo come malattia individuale ma come la risposta collettiva (e inevitabile) al sistema nel quale ci muoviamo tutt*.
Il rischio, quando si tratta questi temi, è di trasformare il proprio show in un monologo motivazionale, d’ispirazione per gli/le altr*, ma Tomlinson riesce a trovare un buon equilibrio: ci sono parti molto sentite, ma anche numerose battute e soprattutto c’è ancora una volta un pensiero molto disincantato (ma anche lontanissimo dal cinismo) su cosa voglia dire avere problemi di salute mentale che le permette di “normalizzarli” senza nascondere le difficoltà.
Piccolo spazio pubblicità
Tendenza Groucho è totalmente autofinanziata dal sottoscritto. Mi impegno a produrre contenuti di qualità e a rispettare le scadenze che (arbitrariamente) mi sono dato. Se volete sostenere il progetto potete fare un abbonamento, oppure offrirmi un caffè.
Ci sono comici che portano il loro disagio sul palco. Tomlinson parla del disagio che aveva. Il che non significa che nel momento presente non abbia difficoltà, ma che sceglie di focalizzarsi su quelle passate. I primi hanno un fascino punk intramontabile, quelli come lei invece possiedono una cristallinità espositiva che manca agli altri e che si ottiene solo se si è fatta altrettanta chiarezza dentro di sé. Per portare certi temi sul palco e per parlare di cose così personali nel modo in cui lo fa Tomlinson bisogna avere fatto un enorme lavoro su sé stessi di accettazione se non di risoluzione dei propri problemi. In Look at you fa una disamina spietata di sé, descrivendosi come auto-sabotante e come creatrice di profezie che si auto-avverano: convincersi che gli altri la trattano male la porta a comportarsi male con gli altri e di conseguenza spinge gli altri a comportarsi male con lei. Eppure è come se l’energia che ci mette nel raccontare questi suoi lati riesca a illuminarli togliendone l’oscurità. Allo stesso modo, quando passa a parlare di sua madre morta (dichiarando di essere consapevole di quanto questo genere di battute metta a disagio la platea) epura il lutto dagli aspetti più cupi. Nel pre-finale, poi, affronta il tema del suicidio, ed è ancora più spiazzante vedere la tranquillità con cui Tomlinson da una parte fa emergere chiaramente la disperazione dei momenti in cui chiamava il numero anti-suicidio e dall’altra riesce a mondarla di ogni riverbero negativo, realizzando un bit divertentissimo.
Accanto a pezzi in cui emerge questa sua peculiarità, Look at you ha anche momenti più canonicamente pop, come questi sulle differenze uomo/donna e sulle nuove relazioni scritti e performati benissimo.
Il terzo special, Have it all, è uscito lo scorso 13 febbraio. L’inizio dello show risente del grande nemico di tutti gli artisti: la celebrità. O almeno, è questo che mi piace raccontarmi nello scantinato dal quale vi scrivo. I primi dieci minuti, nei quali Tomlinson racconta della sua vita dopo il successo ottenuto con Netflix, sono infatti divertenti ma senza lo slancio dei precedenti spettacoli: se, come ho scritto prima, nei suoi testi la disperazione che emerge è sempre quella del passato, questa volta forse è troppo remota nel tempo per essere un carburante speciale. A volte, semplicemente, non c’è. Detto questo, l’aneddoto su come ha ottenuto un guanto di Hugh Jackman, pur basandosi sul presupposto che ora sia ricca, ha senza dubbio la sua efficacia.
Quando la comedian torna a parlarci delle sue daddy issues riconosciamo lo stile che ci aveva conquistato e lo spettacolo prende quota riempiendosi di battute fortissime. Il meglio di sé lo dà nella sincerità totale (ma mai brutale) con la quale mostra tutti i problemi relazionali che ha e con la quale li riconduce al rapporto coi genitori.
Parla anche questa volta di terapia, con una chicca sul desiderio di sapere se è la paziente favorita dalla sua psicologa.
Arriva anche un momento crowdwork, che per quanto controllato mi è sembrato comunque abbastanza autentico e dunque inusuale per uno special Netflix. Tomlinson chiede al pubblico di darle il consiglio più assurdo che conosce per riuscire a dormire, e ne vengono fuori alcuni minuti molto divertenti con dei bei botta e risposta.
Anche in questo special il monologo sulle differenze tra uomo e donna, senza toccare vertici di originalità stratosferici, è comunque fresco e impreziosito dall’innegabile capacità di Tomlinson di modulare la propria voce per rafforzare perfettamente la comicità di quello che dice.
L’ultima parte è ancora più sincera e, scegliendo di abbassare il numero di battute, ci avvicina ancora di più alla sua verità: Tomlinson è preoccupata per sé stessa, non sa se oltre a essere una brava comica può essere una brava persona. Sta cercando di diventare “genitore di sé stessa” per guarire dai suoi traumi infantili.
Arrivata a trent’anni, l’età alla quale pensava che avrebbe sistemato la sua vita, si è resa conto che quell’obbiettivo è tutt’altro che raggiunto. Intanto ce l’ha fatta con la stand-up, che le ha risolto una parte importante delle sue lotte interiori. Ma nel finale dello show, perfetta conclusione di uno spettacolo incentrato sui tentativi di stare bene, Tomlinson dimostra di essere troppo intelligente per non sapere che è tutto più complicato di così, e che la sua carriera, così come i suoi desideri, la mettono di fronte a interrogativi ancora aperti e in qualche modo dolorosi. Dopo tre spettacoli nei quali i problemi sono stati guardati con onestà ma pur sempre da una posizione di forza dovuta al (parziale) superamento degli stessi, la solita euforia di Tomlinson questa volta ha tinte molto dolceamare, che proprio perché inaspettate sono ancora più potenti.
Courtney’s been my best friend since we were 10. Twenty years, she’s seen me through everything. She saw me through depression in high school. She saw my first stand-up show ever. I called off an engagement a few years ago. She kept my wedding dress in her attic like it was Jumanji. I’m like: “Just put this where I can’t hear the drums”. She and I got to run around Europe, paying for shit with my dick joke money. It was awesome. Yeah. And it was really special to have her on that trip with me. Because exactly a year before that, last April, I was alone in a green room in Colorado, pre-show. Post-some breakup. I got a call from Courtney. “I thought you were on vacation with your boyfriend”. She goes: “Yeah, we are, but I just wanted to check in”. “That’s so nice”. And I talked to her about me for like 10, 15 minutes. Finally, I was like: “You’re not saying anything about you and your trip. I mean, are you guys okay?” She goes: “Oh my God. Yes. Oh, yeah. No, we’re great. We’re great. We’re actually, um… We are actually engaged”. I was like: “What? Oh my God! Why did you ask about me at all?” She goes: “I just wanted to make sure you were in a place where you could hear it”. It was so sweet and so hurtful. I… I have never felt so seen and so insulted in my whole life. Her fiancé was there the whole time. She’s like: “And then what else? She sounds stable. She sounds like she can handle it”. […] But I was touched that she was thinking about me and my mental health during her engagement that I went out on stage, and I said: “Before we start the show, can you guys do me a favor? Can we make a video for my best friend?” The crowd’s like: “Yeah!” Got my phone, put it on selfie mode. And I went: “One, two, three! Congratulations, Courtney!” Me and 2,000 people, yelling it for her. I got offstage that night, and I texted her the video. To say: “Hey, I love you. I’m so happy for you. And look at all these people who pay to see me! I’m doing just fine. I have one of Hugh Jackman’s gloves!”
Segnalazioni
Sempre più comedian italiani pubblicano i propri special su YouTube. Oggi vi segnalo Giorgio Magri e Giordano Folla.
Pare che le scimmie si prendono in giro.
Un bell’articolo per smentire ancora una volta la pretesa di molti comedian di essere provocatori ribelli contro il politicamente corretto.
L’angolo autoreferenziale
Sabato 6 aprile terrò un workshop all’Accademia del Comico di Milano, dal titolo Punchline. E’ pensato per comic* e aspiranti comic* che hanno già del materiale scritto sul quale lavorare. Fornisce gli strumenti per rendere il proprio monologo esplosivo, ricco di battute e di momenti comici. Aiuterà i partecipanti a creare battute migliori e a non accontentarsi della prima stesura, coltivando la capacità di perfezionare il proprio testo fino a sfruttare ogni possibile occasione per far ridere. Tutte le info qui.
Dove vedermi live
Oggi (19 marzo) inizio una tre giorni piemontese-valdostana: stasera mi trovate all’Off Topic di Torino assieme a Luca Anselmi e Fabrizio Corazzini (data per la quale ringrazio Antonio Piazza); domani 20 marzo faccio il mio one man show al Wet di Aosta e il giorno dopo (21 marzo) lo faccio alla Cantina del Dom di Pinerolo (thanks to Mario Raz).
Per chi invece non si muove dalla Lombardia ma ha comunque l’enorme desiderio di vedere il mio spettacolo completo, suggerisco quattro opzioni: domenica 24 marzo al Circolo Agorà di Cusano Milano, giovedì 28 marzo all’Eppol Pie di Milano (la cui direzione artistica è in mano al prode Davide Spadolà), domenica 14 aprile al Leoncavallo (grazie Giorgio Brambilla) oppure venerdì 19 aprile al Nemiex (che ora si trova a Cologno Monzese).
Giovedì 18 aprile mi trovate al Boom di Milano per una ventina di minuti, su invito dei geniali Ragazzi dello Zoo di Bettino.
Tutto Sotto Controllo, il game comedy show nel quale io, Davide Spadolà, Patrizia Emma Scialpi e Nando Prati facciamo giochi di improvvisazione e interazione col pubblico, torna all’Eppol Pie giovedì 4 aprile.
Domenica 7 aprile, invece, il Griller Hop di Monza propone lo spettacolo di Andrea Paone.
Il video alla fine
Simone Luzi è un amico, e questo è un monologo eccezionale.
Vado a mangiare del miele. Ciao!